Nella Grecia antica si ha notizia di logografi che stendevano per
iscritto, dietro compenso, i discorsi, che poi le parti avrebbero
recitato in tribunale; nel mondo ellenistico era invece il retore a
sostenere le ragioni delle parti; a Roma i patroni od oratores avevano
la funzione di esercitare pressioni di varia natura sulle giurie, mentre
gli advocati o iurisconsulti soccorrevano le parti con una vera
consulenza giuridica; in epoca bizantina, in Oriente erano avvocati
soltanto coloro che avevano frequentato una scuola di diritto, mentre
in Occidente solo il ritorno alla pratica del diritto romano riportò
l'avvocato alla sua funzione di rappresentante delle parti in giudizio.
Si formò allora una classe di causidici, che adempivano alla duplice
funzione di consiglieri e di rappresentanti delle parti. Situazione che
però non durò a lungo, perché ben presto le due funzioni furono
separate e ai causidici rimase quella di consiglieri, mentre gli avvocati
esercitarono la rappresentanza delle parti. In processo di tempo la
rappresentanza in giudizio delle parti fu affidata a un procuratore,
mentre all'avvocato rimase la difesa. La Rivoluzione francese diede a
questi professionisti i mezzi per meglio tutelare gli interessi propri,
della giustizia e della clientela. In Italia, fin dal 1874 la legge sancì la
distinzione delle professioni di avvocato e di procuratore, obbligò
all'iscrizione nell'albo, ecc.
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